Riferimenti storici

di Anastasia Gilardi

Il corpo principale della chiesa è stato costruito su un progetto (tutt’oggi conservato) di Agostino Silva, del 1677, mentre il presbiterio (1760 ca.) e la facciata (1770) sono di Francesco Pozzi; qualche altro intervento si registra nell’Ottocento, mentre la gran parte del campanile dovrebbe essere ancora quella del 1599.

Presbiterio e coro

In primo luogo osserviamo la spettacolare balaustra marmorea, opera documentata di Giacomo Pellegatta da Viggiù nel 1765. E’ un’opera progettata ed eseguita con quella sicurezza e libertà d’espressione tipiche dell’ultimo Barocco, come dimostrano il profilo mistilineo, l’uso in contrasto di marmi diversi, la vivacità degli ornati vegetali, la proporzioni armoniche e le forme ben definite, fino al culmine sottilmente ironico delle testine d’angelo sporgenti. Sgradevole conferma della loro qualità è il fatto che una è stata rubata nel 1975. Il cancelletto in ferro è stato eseguito nel 1957 da Mario Sampietro, in Como.

Nel 1945 si incarica l’architetto Alberti di progettare un pavimento in marmo, eseguito dalla ditta “MaGa” di Capolago.

L’altare marmoreo, pur altrettanto ricco nella struttura e decorazione, appare sostanzialmente più convenzionale rispetto alla balaustra; è opera, posata nel 1759, del comasco Antonio Monzini. Nel 1783 si paga lo scultore Francesco Carabelli (1737-1798) per “li putini e portina della Custodia” ovvero del tabernacolo. Il Salvatore in legno dorato sopra il ciborio marmoreo dovrebbe essere di Donato Carabelli, del 1828. Gli angeli lignei dorati che oggi si vedono sull’ultimo gradino sono ciò che resta dell’altare seicentesco. Diversi altri interventi si registrano nel Novecento.

Girando intorno all’altare alziamo gli occhi verso la tela rappresentante La lapidazione di Sant’Eusebio, inserita nella grandiosa cornice di stucco sulla concava parete di fondo del coro; è probabile che l’autore sia da ricercarsi nell’ambito locale entro la seconda metà del Settecento.

Le vetrate, ormai mancanti di alcune parti, dichiarano la loro esecuzione al 1934 sotto la figura di San Paolo a destra, e a sinistra, sotto San Pietro, l’esecutore: Lorenzo Frisch di Milano.

Ammiriamo da vicino la vitalità delle forme astratte con cui Francesco Pozzi ha modellato le volute sfrangiate sotto le mensole che sostengono le colonne in marmo d’Arzo ai fianchi della tela: sembrano eseguite di getto, con un solo colpo attentamente vibrato di spatola, mentre evidentemente hanno richiesto una rigorosa progettazione e un’altrettanta controllata esecuzione per rendere con efficacia l’impressione di spontaneità naturalistica.

L’insieme delle cornici e dei fondi, nelle pareti e nelle volte è talmente ricco e variegato da essere indescrivibile; e i confronti con altre opere, sue e di altri, richiederebbe da solo un saggio a sé stante. Basti ricordare ancora una volta come l’assonanza stilistica tra gli stucchi e i dipinti non suggerisca soltanto una contemporaneità d’esecuzione ma anche un accordo programmatico di poetica espressiva tra i due artisti, che devono essere andati ben oltre la semplice collaborazione o la generica reciproca stima tra colleghi intelligenti. La fama del pittore Carlo Innocenzo Carloni ai suoi tempi fu tra le prime in Europa, e in proporzione i suoi compensi e i suoi impegni. Il suo primo intervento, nel 1756, comprese l’esecuzione a fresco de La Trinità in gloria o L’esaltazione della croce nella volta più vasta del presbiterio, con agli angoli i Quattro evangelisti in stucco; due anni dopo nel catino dell’abside gli Angeli in adorazione del Santissimo Sacramento. Dell’anno successivo, il 1759, è il contratto per l’esecuzione dei dipinti a olio sulle pareti laterali: a destra Il battesimo di Sant’Eusebio e a sinistra Il concilio di Milano.

Possiamo ancora ricordare che le finestre in comunicazione con la sagrestia sono state aperte nel 1957, dopo una discussione iniziata nel 1949; il progetto dell’architetto Cino Chiesa ha rispettato il profilo della decorazione originaria, pressoché simmetrica nella parete di fronte.

Attraverso queste aperture diamo giusto un’occhiata alla sagrestia, di solito giustamente inaccessibile. Il bell’armadio intagliato che occupa tutta la parete di fondo verso est (prima del 1748); non è improbabile ipotizzare l’intervento (almeno negli ornati) di un qualche membro della famiglia Carabelli. Sulla parete opposta è conservata la statua della Madonna del Rosario, del primo Settecento vicina a quella di Arogno (vedi catalogo Züst Legni sacri e preziosi, 2016). Nel 1830 sopra la sagrestia venne costruito un “oratorio” per impartire il catechismo ai ragazzi e per uso della confraternita, ora ridotto a magazzino.

La volta sopra la navata

La volta a botte della navata è divisa in due campate con centrali medaglioni dipinti e gli spicchi in cui si leggono i cartigli pertinenti alle cappelle sottostanti. Nella prima campata sono di stucco gli ornati nei triangoli ai lati degli spicchi e intorno all’affresco raffigurante i Santi Pietro e Paolo; nella lunetta di sinistra la finestra è finta. Nella seconda invece compaiono i Santi Eusebio e Vittore; qui le coppie di angioletti negli spicchi sono di stucco, di mani diverse. Il resto è dipinto, quasi sicuramente da Silvio Gilardi nel 1912. Gli stucchi dovrebbero essere di Antonio Carabelli, pagato nel 1686-87, ma con l’intervento di qualche collega dallo stile un poco differente. Anche i due dipinti potrebbero avere autori diversi, ma per i Santi Pietro e Paolo si ipotizza l’intervento di Pietro Bianchi, attivo anche altrove in chiesa.

Le due coppie di profeti in stucco sopra gli archi delle prime due cappelle (Geremia e Isaia a destra, Ezechiele e Daniele di fronte), dimostrano sicurezza e vigore nel trattamento delle anatomie e nei panneggi. Potrebbero far parte della campagna di decorazione condotta da Agostino Silva, come della stessa epoca saranno anche i due eleganti angeli tubicini sopra l’arco maggiore.

Voltiamoci ora indietro e osserviamo sopra di noi campeggiare il bell’organo dal frontale di legno naturale riccamente intagliato e la cantoria dal profilo mistilineo dipinta, restaurata nel 1912. Probabilmente fu lo stuccatore Francesco Pozzi a disegnare la struttura di uno e dell’altra, e l’esecuzione fu affidata a Giuseppe Carabelli, pagato nel 1771. Lo strumento ha svelato durante i restauri del 1985 (Mascioni di Cuvio) la firma di Andrea e Giuseppe Serassi di Bergamo. Dietro si nasconde un affresco rappresentante Sant’Eusebio firmato dallo sconosciuto pittore di Tremona Venanzio Isidoro Rusconi, e datato “174(…)”.

Usciamo dal presbiterio e contempliamo ancora un altro insieme di opere di straordinaria qualità.

Cappella del Crocifisso

Nel 1687, con la cappella ancora in parte rustica, si registra il pagamento agli uomini che hanno portato da Como il Crocifisso; nel 1939, rimuovendo la vetrata che chiudeva la nicchia, pare si fosse rinvenuto un foglio in cui era scritto che fu l’abate Turconi (Ludovico) a far avere l’opera alla parrocchia. Questa scultura in legno policromo si “porta dietro” una leggenda da duecento anni almeno: che sia stata portata da un frate della famiglia Carabelli “dalla Spagna”, mentre almeno un altro membro della famiglia è stato sicuramente attivo in Portogallo. Recentemente alcuni studiosi, Daniele Pescarmona, Raffaele Casciaro ed Edoardo Villata nel catalogo Legni sacri e preziosi (2016, Pinacoteca Züst), l’attribuiscono all’ambito del frate cappuccino Fra' Giovanni da Reggio Calabria, allievo di fra’ Diego Careri, scultori di gusto iberico allora attivi anche in Lombardia.

Lo stesso Turconi nel 1690 fornì in prestito il denaro per pagare sia il pittore, sia lo stuccatore che ornarono la cappella. Quest’ultimo è un altro celebre artista della Valle d’Intelvi: Giovan Battista Barberini. Il maestro era ormai anziano e credo abbia concentrato le sue energie non tanto nell’invenzione compositiva dell’opera (ispirata all’opera pittorica di Guido Reni), ma piuttosto nella resa dei sentimenti e nella tensione espressiva del modellato sia dei corpi, sia dei panneggi.

Al di sopra del cornicione il clima espressivo dolente della parte inferiore, cambia. I due ovati nella volta (Cristo cade sotto la croce e L’orazione nell’orto a sinistra), sono come annidati sotto ad un’esuberante cimasa prospettica ricca come un catalogo dei motivi decorativi barocchi, fino alla vibrante conchiglia colorata che sembra appena sbocciata. Questa festosità ben si addice al tema glorioso del dipinto: L’ascensione di Cristo, sebbene impugnando il Signore fortemente scorciato il vessillo con la croce potrebbe anche essere più logicamente La resurrezione. Nei registri compaiono i pagamenti nel 1689 ad un pittore “Gio. Pietro” di Como che, abbiamo già detto, è stato identificato da Paolo Vanoli in Pietro Bianchi.

Torniamo alle pareti laterali per osservare i due dipinti su tela Cristo incornato di spine e Cristo flagellato a destra; sono di Domenico Pozzi (l’autore della Samaritana), che nel 1785 ricevette otto zecchini dalla comunità, più come ringraziamento simbolico che per pagamento. Si tratta di due opere relativamente mature, nelle quali sono evidentemente applicati i principi neoclassici della semplicità compositiva, della contenuta espressione drammatica, della fedeltà all’anatomia naturalistica.

L’altare settecentesco, pur avendo anch’esso una mensa novecentesca (si pagano i professori Roncoroni e Tavani per interventi nel 1941), ospita ancora il tabernacolo fatto con la sorveglianza di Francesco Pozzi nel 1780. L’ultimo pagamento per la balaustra è del 1746, eseguita rispettando il suggerimento dei visitatori vescovili a farla conforme a quella della cappella di fronte. Anche questa cappella fu restaurata nel 1906, e poi ancora si registrano parecchi interventi successivi perché con una certa regolarità si staccava il Crocifisso dalla nicchia e si allestivano altari posticci per esporlo alla venerazione dei fedeli in occasioni speciali; e ogni volta si doveva provvedere a qualche riparazione.

A destra della cappella ora è inserito nell’angolo con quella maggiore il pulpito, che originariamente stava invece nello spazio tra quella del Crocifisso e la successiva. Dovrebbe essere ancora – benché ricostruito e in parte ridotto – quello per cui Giovanni Albino Carabelli nel 1755 esegue “le sculture”, forse completando un disegno di Francesco Pozzi.

Cappella della Madonna

Passiamo ora alla seconda cappella, dedicata alla Madonna Assunta e ricchissima di opere, “olezzante maestà” già nel 1685, quando ancora sia l’altare che la nicchia per la statua erano da terminare. E infatti l’anno seguente arriva da Como il prezioso simulacro, sul cui basamento l’Hoffmann lesse la scritta “P.L.V. 10 Aple 1676”, interpretata (anche nel catalogo Züst 2016 Legni sacri e preziosi) come “Pietro Lironi Vacallensis [fecit], 10 Aprile 1676”. Il gruppo è ora pesantemente ridipinto ed eccessivamente dorato, per cui è difficile valutarlo. La nicchia (che un tempo aveva la sua vetrata) è inserita nello spettacolare apparato dell’altare, con dipinti, architetture e sculture, intrecciati e composti con disinvolta maestria, ad esaltare la figura di Maria. Sia le statue di figura sia gran parte degli ornati in stucco sono ragionevolmente attribuite all’attività matura di Agostino Silva (non senza il prevedibile intervento di diversi collaboratori). Nelle strette pareti laterali si fronteggiano due dipinti su tela del primo Settecento: a destra La visitazione e a sinistra La presentazione di Maria al tempio. Paolo Vanoli (che ringrazio) mi suggerisce l’attribuzione al comasco Pietro Bianchi, attivo tra il 1680 e il 1720, che spesso collaborò con il Silva e autore riconosciuto da Simonetta Coppa degli affreschi nella cappella del Crocifisso, oltre che, probabilmente, di uno dei due medaglioni nella volta. Tanto disinvolto è nell’affresco, quanto poco a suo agio si dimostra nell’olio

 L’altare é stato rifatto nel 1951-52 dalla ditta di marmorini MaGa di Capolago, su progetto del 1950 dell’architetto Giacomo Alberti; il tabernacolo ha una portina del 1954 disegnata da Onorato Ferrari di Ponte di Legno. Invece lo zoccolo in marmi colorati è stato fatto dalla ditta bergamasca di Carlo Comana. La balaustra era già posata nel 1703 e conserva il suo cancelletto originale.

Sopra la porta che conduce in sagrestia è ospitato il dipinto su tela con Il sacrificio della figlia di Jefte, a cui faceva riscontro dall’altro lato Il sacrificio di Isacco, figlio di Abramo, nello spazio ora occupato dal pulpito con cui ha scambiato la collocazione, trovandosi ora nel pilastro tra le due cappelle di sinistra. Sono opere pagate nel 1785 al quasi sconosciuto pittore locale Angelo Pozzi, registrato in poche altre occasioni, ma – a giudicare da questi due dipinti – più che discreto artista, legato preferibilmente alla cultura tardo barocca di Giuseppe Petrini ancora in questi anni. Il commovente tema sacrificale era una sorta di entrata al presbiterio progettato dal Pozzi prima del 1759, invece glorioso.

Cappella delle Anime purganti

La prima cappella di destra è dedicata alle Anime del Purgatorio; poiché qui c’era il sepolcro dei criminali giustiziati nel baliaggio, spesso era detta “dei giustiziati”. I temi della compassione e del perdono interessano tutti i dipinti e alcuni bassorilievi, a partire dalla piccola Madonna della Misericordia nella nicchia, forse ancora quella seicentesca. Gli stucchi sulla volta sono di Pietro Pozzi, uno stuccatore per ora sconosciuto, e di Carlo Francesco Moresco (o Moreschi) di Somazzo, che vi lavorarono tra il 1722 e il 1724. le figure degli angeli, per quanto convenzionali, sono vivaci e convincenti, specialmente le incantevoli testine infantili. Lo scorrere continuamente variato e contrapposto delle cornici prevalentemente curvilinee evoca un discorso coerente ed articolato come lo svolgersi di un tema musicale barocco, pur senza eccessive bizzarrie e rivolgimenti. I dipinti appaiono meno convincenti, le figure un poco pesanti e i colori fin troppo semplificati, quasi poveri.

La cappella fu consacrata nel 1727, dopo aver collocato la balaustra marmorea proveniente da Arzo. Invece il bel paliotto della prima metà del Settecentesco proviene dalla chiesa di San Pietro e fu qui trasferito nel 1948. Qui è ospitato uno dei due spettacolari reliquiari lignei dorati, fatti nel 1732 da Giuseppe Albino Carabelli.

Torniamo nel corridoio della navata, attraversando i banchi di noce disegnati e fatti tra il 1950 e il ‘52 rielaborando un disegno di Arturo Pizzi per l’ornato.

La nicchia del pilastro, ora poco profonda, ospita un confessionale, in origine quello di Giuseppe Carabelli del 1769 e venduto nel 1952. Oggi ci sono i frontali ricomposti di quelli fatti nel 1941 da Erennio Bernasconi, con la grata di bronzo disegnata da Pietro Tavani.

Diamo un’occhiata alle telette della Via Crucis. La prima documentata nel 1812 era su carta. Le attuali, settecentesche si direbbe, furono acquistate nel 1963 dalla parrocchia della Visitazione di Pero (vicino a Milano).

Alzando gli occhi troviamo l'opera più sovente esposta tra quelle in chiesa: La samaritana al pozzo, dipinta nel 1776 da Domenico Pozzi, il figlio pittore dello stuccatore e architetto Francesco. Quasi sicuramente fu donata alla chiesa, così che fu più facile esporre quella che appare una vera e propria esaltazione del nome familiare (il pozzo in primo piano), con la seducente Samaritana ben esibita tra suggestive rovine classicheggianti, sullo sfondo di un rosato paesaggio serale.

Ancora più in alto si riesce appena a vedere uno dei sei bassorilievi in terracotta con Storie di Sant’Eusebio; altri tre, come questo, dipinti in finto bronzo, stanno di fronte e nei pilastri di accesso al coro, mentre gli ultimi due sono nascosti dall’organo e sono rimasti al naturale. Sono citati (ma quattro solo) per la prima volta nell’inventario del 1748.

Cappella di S. Antonio

Siamo ora giunti davanti alla cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, l’ultima in ordine di tempo tra quelle laterali, risultando ornata solo nel 1755.

Presentando una struttura architettonica più ricca, rilevata e tendenzialmente concava rispetto a quella di fronte, appare più piccola e raccolta. Per questa, come anche per gli stucchi, il Martinola suggerisce l’attribuzione a Francesco Pozzi. La decorazione ha già l’eleganza raffinata dell’ultimo Rococò, caratterizzata dal fluire sinuoso ma trattenuto delle linee sulle quali si avviluppano raramente e con delicatezza naturalistici riccioli vegetali o tenerissimi angioletti che non scadono mai nel lezioso, anzi, spesso sono ombreggiati da sguardi malinconici, da cadenze di abbandono quasi triste, conseguenza di una profonda consapevolezza della fine, pur senza la tentazione decadente dell’estenuata depressione. Nella volta in basso due medaglioni mistilinei accolgono in ricche cornici gli affreschi di Angioletti con simboli e al centro Sant’Antonio in gloria, di un pittore vicino alla cultura figurativa di Carlo Innocenzo Carloni, ma più trattenuto negli scorci meno arditi e dalle intonazioni cromatiche più calde.

Tornando all’altare sottostante osserviamo la statua lignea policroma (ridipinta nel 1931) del Santo titolare, di Giovanni Albino Carabelli. Opera discreta, in cui il santo giovanile e minuto quasi è schiacciato dalla presenza ingombrante dei tre bambini. Sulle pareti laterali, in due belle cornici di stucco con angioletti sdraiati sui frontoni delle portine sottostanti, si notano due tele ovali, rappresentanti La predica ai pesci e Sant’Antonio orante a destra, meritevoli di una più attenta considerazione.

L’altare ora appare spoglio nel finto marmo piuttosto insignificante e probabilmente rifatto, mentre spicca la qualità del paliotto in scagliola con al centro il simbolo del Sacramento. Vi si legge la firma di Carlo (Giuseppe) Pancaldi e la data 1807, periodo questo, in cui era parroco Casimiro Pancaldi, da presumere parente dello scagliolista. E’ sicuramente un’opera di qualità, volutamente legata al gusto decorativo settecentesco. La balaustra è stata posata nel 1752.

La piccola nicchia che ospita il fonte battesimale, composto con parti forse ancora del tardo Cinquecento, ha un cancello in bronzo del 1940 e una bella tela del 1647 ca. attribuita a Francesco Torriani.

 


Elenco degli artisti

Giovan Battista Barberini,
nella cappella del SS. Crocifisso: cornici, nuvole, angeli, ornati, altare; Maria e pie donne; Maddalena e S. Giovanni; S. Fermo; San Defendente.

Pietro Bianchi da Como detto il Bustino,
Cristo risorto (o Ascensione); Orazione nell’orto; Veronica (o Cristo cade sotto la croce).
Pietro Bianchi da Como detto il Bustino (attribuito a),
I SS. Pietro e Paolo in gloria; Profeti; Presentazione di Gesù al tempio; Natività della Beata Vergine Maria; Assunzione della Beata Vergine Maria; Sibilla; Sibilla Tiburtina, Presentazione di Maria al tempio, La visitazione.

Antonio Carabelli,
angeli tubicini sull'arco trionfale, pennacchi in 1a campata, vele e pennacchi in 2a campata, cornici in 1a e 2a campata.
Anonimo (Antonio Carabelli?),
arco trionfale con cartella, festoni e cornici in pilastri della navata.

Giovanni Albino Carabelli,
Sant’Antonio da Padova.

Carlo Innocenzo Carloni,
Angeli in Adorazione del SS. Sacramento; Ascensione (SS. Trinità in Gloria).
Carlo Innocenzo Carloni (bottega di),
San Carlo Borromeo; San Francesco d’Assisi in estasi.

Giovanni Francesco Gaggini (recentemente attribuito a),
Ss. Eusebio Vescovo e Vittore (?) in gloria; S. Antonio di Padova in gloria; Angeli con giglio; Angeli con i Simboli di S. Antonio da Padova.

Silvio Gilardi,
Vele in 1a campata, decorazioni pittoriche e stucchi nei sottarchi e nelle lunette della navata.

Fra’ Giovanni da Reggio,
SS.mo Crocifisso.

Giovan Pietro Lironi (ambito di),
Madonna Assunta.

Angelo Pozzi,
Il sacrificio di Isacco, Sacrificio della figlia di Jefte.

Domenico Pozzi,
La samaritana al pozzo, Cristo incoronato di spine, Cristo flagellato.

Francesco Pozzi
,
nel presbiterio: cornici, lesene, capitelli, zoccolo, cornicione, vasi sul cornicione, ornati e testine d'angelo, cartiglio con trigramma IHS, angeli sul frontone, angeli, pennacchi con gli evangelisti, ornati con angioletti nei lunettoni, sottarchi, cornici alle tele.

Pietro Pozzi,
nella cappella delle Anime purganti: ornati e testine d'angelo, cornici e sovrapporte figurate, angeli e sottarco.
Pietro Pozzi e/o Carlo Moreschi,
nella cappella delle Anime purganti: cornici con festoni dei dipinti.

Agostino Silva,
nella cappella della Madonna: angeli sul frontone, cornice e cimasa con angeli e drappo; Re Davide; Re Salomone; S. Giuseppe; S. Gioacchino.
Agostino Silva (attribuito a),
nella cappella della Madonna: cornici con angeli, sottarco, frontone e cimasa;
nella cappella di S. Antonio: Profeta Isaia; Profeta Geremia; Profeta Ezechiele; Profeta Daniele.

Anonimo,
nella navata: quattro formelle con episodi della vita di S. Eusebio;
nella cappella della Madonna: Gloria dello Spirito Santo;
nella cappella delle Anime purganti: Padre Eterno e angeli musicanti; Decollazione di S. Giovanni Battista; Transito di S. Giuseppe;
nella cappella di S. Antonio: La Fede; La Speranza, La predica ai pesci, S. Antonio orante.

 


Bibliografia

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1975     G. Martinola, Inventario delle cose d’arte e di antichità del distretto di Mendrisio, Bellinzona.

1989     E. Agustoni, I. Proserpi, Decorazioni a stucco del XVII secolo in edifici religiosi del Sottoceneri:cambiamenti, evoluzioni, ripetitività e influenze, in “Rivista svizzera d’Arte e Archeologia”, n. 1, 1989, pp. 3-14.

1992     U. Stevens, Gli artisti Carabelli di Castel San Pietro XVII-XIX sec., Obino.

1994     AAVV, Pittura a Como e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano.

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1997     Carlo Innocenzo Carloni 1686/87 - 1775, a cura di S. Coppa - P. O. Krückmann -D. Pescarmona, catalogo della mostra alla Pinacoteca Züst di Rancate e alla Galleria Civica di Campione d’Italia, Skira, Milano.

2004     S. Gavazzi Nizzola, M. Magni, Aggiunta al catalogo dei Silva stuccatori morbiensi. Nuove attribuzioni e considerazioni, in AST, 135-136, pp. 309-326.

2005     A. Gilardi, Domenico Pozzi da Castel San Pietro (1745-1796), in “Nuovi Studi”, 11, pp. 277-282.

2005     A. Spiriti, Giovanni Battista Barberini, Un grande scultore barocco. Opera edita dalla Comunità montana Lario Intelvese.

2006     Francesco e Innocenzo Torriani. Opere e vicende di due artisti del Seicento, catalogo della mostra (Mendrisio), a cura di L. Damiani Cabrini e A. Gilardi, Mendrisio 2006.

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2008     U. Stevens, Chiesa parrocchiale di Sant’Eusebio. Breve visita storico-artistica, dattiloscritto (aggiornamento del testo del 1991).

2016     Legni preziosi. Sculture, busti, reliquiari e tabernacoli dal Medioevo al Settecento nel Cantone Ticino, catalogo della mostra alla Pinacoteca Züst di Rancate, Cinisello Balsamo.

2017     AAVV, La chiesa di Castel San Pietro in Canton Ticino. Studi, restauri, conservazione, a cura di F. Albani, Roma.